4.11.07

La leggenda degli uomini straordinari - Il talento di Mr Bigley

2050.
Era una notte di un noioso autunno e la tetra nebbia padana aveva già posato, come era solita fare in quel periodo, il suo manto sui pannelli solari di quel paesino.
Un gruppo di anziani, pieni d’una vispezza che ne ingannava l’età, erano attenti a non dissacrare quel rito della scoperta del dopo-cena, seduti nello spento bar della piazza.
Poco più in là stavano quattro acerbi sbarbati, intenti a fare futili chiacchere per rendere più leggero l’imminente sonno.
L’argomento di quelle vane parole soleva sempre incentrarsi su vecchi racconti, ascoltati per lo più dai nonni, riguardanti le avventure di sei ragazzi che cinquant’anni prima popolavano le umide vie sanbenedettine.
Alcuni ritenevano che questi girassero per i quartieri con le loro moto a terrorizzare gli abitanti, altri che fossero sei bonari idioti e altri ancora che vagassero per l’Italia a caccia di imprese straordinarie. Ed era proprio così, forse non compivano imprese per così dire… eroiche, ma si sa, la bellezza delle leggende sta nella loro magia.
“Si dice che uno di loro, Mr Bigley, fu assunto nel più grande circo del Mondo dopo che si seppe del suo talento” sentenziò Morris.
“E qual’era il suo talento?” chiese il più piccolo e curioso dei quattro.
“Scommesse!”
Era corretto.
“Raccontano che tutto ebbe inizio durante una vacanza in Puglia dove Mr Bigley accettò di mangiare un chilo di pasta a sua scelta, una bottiglia di fragolino e due pesce gatti vivi fatti arrivare direttamente dal Po in cambio di cinque euro. - Scommetti? – gli chiesero i suoi amici e lui sai cosa rispose?”
“Cosa !?”
“Soldi sul tavolo” disse lui.
Era uno di quei tipi che oggi fai fatica a trovarne, Mr Bigley. Era un omaccione tutto d’un pezzo, con un grande cuore, che per difendere le sue ragioni e il suo orgoglio avrebbe fatto qualunque cosa. Uno dall’occhio apparentemente scaltro, leggiadro nella mente, pronto ad ogni sfida. Ma proprio questa caratteristica si sarebbe presto trasformata nella sua rovina.
Nonostante la scommessa fu persa, da quella sera la compagnia decise di trasformare quel talento in un lucroso e infame business.
“Li stupì tutti e vinse alla grande, senza la minima fatica. Era proprio forte! Con l’aiuto degli altri ragazzi, riuscì ad esaudire il sogno della sua vita.”
“E cioè?” insistette il sempre più incredulo piccolo del gruppo.
“Diventare un fenomeno da baraccone.”
Era proprio così. Appurato il suo talento, in poco tempo il camaleontico Bigley ricevette offerte di lavoro da Moira Orfei e dal circo Togni, da medici bisognosi di cavie umane e dal presidente americano in persona per un’operazione di intelligence in Iran.
Ma i suoi amici-procuratori, bravi fino ad allora nel trovargli ingaggi adeguati, dimenticavano quale deve essere la priorità di un manager serio: la salute del proprio assistito.
D’altra parte seri non lo erano mai stati, loro.
“Si narra che il suo ultimo spettacolo prima della malattia fu un successone. Davanti a un sacco di persone, alla Royal Albert Hall di Londra, il pubblico scommise che lui non sarebbe mai riuscito ad ingoiare escrementi felini. E sai cosa rispose il mito?” continuò Morris.
“Cosa cosa?!?” Il piccolo cominciava a non star più nella pelle.
“Soldi sul tavolo” disse lui.
In cambio di una languida ricompensa, Mr Bigley avrebbe venduto anche l’anima.
Purtroppo, quella fu l’ultima grande scommessa, per altro persa. Ormai non riusciva più a deglutire in pubblico senza emettere un rombante rutto udibile a centinaia di metri di distanza, non poteva più bere acqua ma solo Fanta ed era stato visto diverse volte disquisire animatamente di videogiochi celtici, filosofia e prostitute formose con la tigre Zara del circo Togni credendo ch’ella fosse il caro amico Domenico.
Quella cocente sconfitta ne aveva suo malgrado ridimensionato l’immagine così che nessuno accettava più di ingaggiarlo, per non parlare delle sue condizioni fisiche erano in lento ma progressivo degrado.
Però, l’errore più grande fu di una famosa equipe di medici parigini.Usarono le parole più sbagliate in assoluto per convincerlo a ritirarsi dalle scene.
“Caro signor Bigley, deve smetterla con questa sua attività altrimenti scommettiamo che finirà male” l’avvertirono con tono serioso.
“Soldi sul tavolo” disse lui.

25.9.07

Maggese

Settembre che sta per finire equivale come ogni anno ad una ripartenza o, come direbbe un vecchio amico, ad un nuovo autunno-inverno.
Settembre, tu mi hai lasciato con un messaggio e io non ti ho detto niente, direbbe un altro quasi conoscente (non c’entra un cacchio ma non ho proprio resistito alla tentazione di inserire questa pessima citazione).
Settembre, in cui senti l'obbligo di porti quesiti sulla nuova annata che ricorre puntuale.

Alle macchinette dell’università, il caffè equo-solidale che costa 40 cent è davvero più buono del normale espresso che ne costa 33?
Il buon Molinari riuscirà a trovarsi un impiego redditizio ostinandosi a non seguire il mio consiglio di tuffarsi nel ramo informatico?
E l’altrettanto buon Domenico si butterà sul settore bancario, pubblicitario o edile-manuale?
Il sottoscritto sarà in grado di fare il commesso o collezionerà una innumerevole lista di figure di cacca ridicolizzandosi di fronte ai clienti?
Dopo il sushi gustato ad agosto, quale sarà il prossimo piatto tipico che mi farà provare il brivido dello sbocco?
La mia ammirazione per Robinson Crosue basterà per farmi compiere due barra tre viaggi in questo anno solare?
Trasmetteranno mai una nuova serie di Kiss me Licia su Bim Bum Bam(sottindendendo naturalmente la ripresa di quest'ultimo nei palinsesti di Italia 1 in pianta stabile con la conduzione di Bonolis e del pupazzo Wuan)?


Premettendo che, mio malgrado, queste domande me le pongo seriamente, speriamo nel meglio.
E che l’avido vento ci risparmi qualche foglia lungo il cammino.

21.8.07

Ho bisogno di un (Woody) Aulin

L’orizzonte non si fa apprezzare per niente da seduti. Il fatto che sono un paio di giorni che sei preso relativamente male e una leggera pioggia di (quasi) fine estate che va a sbattere sulla finestra del balcone, si impegnano per ingannarti la visuale. L’unico modo per rallentare i battiti dei pensieri oggi particolarmente tachicardici è innalzare sul cervello il cappuccio della felpa della Converse. E infatti va già meglio. Sei consapevole che dovresti fare altro invece che scrivere cose assurde e la colonnina dei tuoi sensi di colpa continua perciò ad aumentare esponenzialmente (maledetto mercurio, avessi studiato chimica per bene saprei come controllarti…) mentre il vecchio Barry ti ricorda che la musica la devi lasciar suonare. Stai bene tu, vecchio Barry. E’ che già sei arrabbiato di tuo e il vedere di continuo quelle gocce che si infrangono contro il vetro e poi scendono lente, lente, lente senza sfociare in nessun mare, fiume o lago ma dissolvendosi nel nulla più assoluto aumentano il tuo nervosismo e il tuo senso d’impotenza. Ti serve un’idea. Prima o poi arriverà. Forse. Ma anche no. Purtroppo per te. Matematica non è mai stata proprio il tuo forte ma sei consapevole che ora come ora, parlando in termini di principi d’equivalenza, apprezzi il tuo carattere tanto quanto Stevie Wonder potrebbe apprezzare la visuale di un qualsiasi paesaggio mozzafiato. La professione che recita la tua carta d’identità ti ha ufficialmente rotto le palle, però se lo dice la carta d’identità, avrà pur qualche ragione. Chi meglio di lei può esprimersi sulla tua identità? Tanto più che all’orizzonte per adesso continui a non vedere un cavolo di niente. E l’oculista da cui sei appena andato ti pareva anche bravo. Giù il cappuccio. Vediamo un po’cosa potrebbe migliorare il tuo umore, guardiamoci in giro…No, lui no, ma proprio lui? Al momento non mi viene in mente altro… quindi accontentiamoci. E troviamo un’idea.




13.8.07

Souvenir

Caro Pier,
volevo che sapessi il motivo della mia partenza.
A volte la sincerità è così amara e lascia per strada la cose più belle.
Ma io, vedi, amo una donna e spero di non averti deluso troppo.
Tua, Melìs.

Le vacanze, si sa, sono un mare di aspettative. A volte naufragano e altre volte galleggiano su rossi ciambelloni cosparsi di margherite e materassini pieni di pesci.
Può accadere che esse volino al primo accenno di vento scoprendo ciò che non si dovrebbe scoprire o può accadere che ti trasportino tranquillamente a riva.
Ci sono cose che nessuno t’insegna perché c’è un certo gusto sadico nel vedere gli altri sbagliare. Sui voli low-cost niente posto numerato e cibo e una sola possibilità all’aereoporto. Se esci non entri più. E questo il Molinari l’ha ormai appreso.
La terra spagnola che credevi essere arida, calda e piena di mori abitanti, assumeva ai tuoi occhi un contorno ombroso, tendente alla pioggia ed era popolata da esseri biondi. Holland party, gridavano.
Aumentavano i tuoi dubbi un principe proveniente dalla lontana Bel-Air circondato da infaticabili adepti, un depresso poeta dannato recitante versi di Baudelaire, una coppia di fidanzati che si siede con te a cena e che non ti pare di conoscere (anche se da qualche parte ti sembra di averli già visti…), zia Assunta, un barista evidentemente leghista e un altro barman che in un recente passato riparava tubature intasate da Chupiti rivisti in un sol sbocco.
Tu m’insegni, Pier, che senza la goliardia l’uomo non sarebbe più tale. E allora, un bacio mai dato si trasforma prima in un bacio rubato e poi in lungo passionale quarto d’ora di fuoco.
Bionde tedesche originarie di Treviso ma con genitori olandesi si sacrificano per la patria.
Il mai dimenticato Manuale delle Giovani Marmotte preso a prestito in cambio di una stecca di Marlboro 100’s da tale bimbo Gigi alla partenza, recitava : in mancanza di sapone,non temere. Ci sarà sempre uno schiuma party nelle vicinanze.
Peccato non aver dato importanza alla nota a piè di pagina: tieniti lontano dai bocchettoni dell’aria condizionata.
Non c’è dubbio che al ritorno il tuo bagaglio di vita vissuta si sarà piacevolmente appesantito, ma è bene che non superi i 15 kg.
Alla fine di tutto non importa dove vai, l’ancora è solo incastrata tra i sassi.
Ma sette giorni di divertimento insieme alle persone a cui tieni ripagano. Ripagano. Di cosa non so, ma ripagano.

Un brindisi alla nostalgia e…
Credo che ripartirò.

copyright D&D

23.7.07

Sogno di una notte di mezza estate

Non respingere i sogni perché sono sogni.
Tutti i sogni possono
essere realtà, se il sogno non finisce.
La realtà è un sogno. Se sogniamo
che la pietra è pietra, questo è la pietra.
Ciò che scorre nei fiumi non è acqua,
è un sognare, l’acqua, cristallina.
La realtà traveste
il sogno, e dice:
“Io sono il sole, i cieli, l’amore”.
Ma mai si dilegua, mai passa,
se fingiamo di credere che è più che un sogno.
E viviamo sognandola. Sognare
è il mezzo che l’anima ha
perché non le fugga mai
ciò che fuggirebbe se smettessimo
di sognare che è realtà ciò che non esiste.
Muore solo
un amore che ha smesso di essere sognato
fatto materia e che si cerca sulla terra.

(da Non respingere i sogni perché sono sogni – P.Salinas)
La puntina fa partire uno swing anni 30, ritmato e sfacciatamente riflessivo.
La birra sul tavolo ti fa sentire sbronzo anche se non ricordi d’averla bevuta.
L’aria è satura d’una solitudine cameratesca, che in fondo ti piace. La respiri a pieni polmoni.
E’ troppo tempo che te ne stai lì seduto e decidi di alzare il tuo corpo appesantito.
Vaghi sicuro tra le vie di quel monolocale, così sconosciuto ma così dannatamente familiare.
Già stanco di quei colori chiusi, apri una vecchia finestra.
Sei in alto, molto più di quanto immaginassi e il riflesso di un nuovo giorno ti impedisce di metterne a fuoco i particolari. Le pupille ruotano velocemente, distratte dall’odore di buon cibo che filtra attraverso il palazzo.
Finalmente scorgi la strada, ma sei troppo lontano per capire dove porta. E’ piena di piccoli insetti che ronzano uniti, comunicando in una lingua semisconosciuta.
La lucida follia che si è impossessata del cuore della tua mente ti suggerisce cosa fare.
E’ strano che la musica finisca con un coro gospel.
Apri gli occhi, stordito al punto giusto e te ne vai a dormire.

4.7.07

Divieto di sosta felini

Non tutti capiranno questa storia, e non tutti ci crederanno essendo inconsapevoli dell’identità del protagonista. Ma la vita riserva delle sorprese e a volte ti fa piangere e divertire, nello stesso momento, e sono proprio questi due sentimenti così lontani ma così vicini che andremo a narrare.
Un dipendente comunale, per fortuna non noto ai più, che chiameremo con lo pseudonimo di Molinari, con la consueta professionalità si stava accingendo a sbrigare commissioni più o meno importanti nell’hinterland mantovano.
La cittadinanza pagava volentieri la benzina della Punto contrassegnata dal logo del comune ben consapevole che quell’uomo avrebbe fatto sempre in modo ineccepibile il proprio lavoro.
Era quasi mezzogiorno e il Molinari cominciava a sentire allo stomaco i tipici brontolii di quell’ora.
“Perché non fare una piccola deviazione nella vicina Mantova e andare a pranzare con l’amico Domenico?” pensò tra sé.
E proprio questo fece.
Arrivato all’ufficio del compare, un po’ stanco per le gravose commissioni fatte al servizio della cittadinanza, decise di posteggiare l’auto nella piazzetta adiacente l’ufficio del Domenico.
Doveva sempre avere sott’occhio quel mezzo che per lui era più di una semplice auto di servizio: era una responsabilità che si era assunto coi cittadini.
“Andiamo con la tua a pranzo?” chiese Domenico.
“Sei matto?Mica è mia questa macchina e non mi pagano per portarti a mangiare!L’auto resta qui al sicuro!!!” ammonì in tono responsabile il lavoratore-modello.
Ma purtroppo ciò che dai per scontato è proprio quello per cui dovresti prestare maggiore attenzione.
Intorno le 2, la coppia tornò pronta per riprendere le rispettive mansioni ma una cosa balzò subito agli occhi del sempre attento Molinari: la piazzetta dove aveva lasciato il suo mezzo non era più la stessa. Non c’erano più altre auto parcheggiate, ma banconi di vestiti che oltre tutto non gli piacevano affatto e non c’erano più persone indaffarate ma casalinghe desiderose di frutta e verdura da preparare per cena.
Non c’era più la Punto col logo del comune, ma allucinazioni che gli facevano vedere carro-attrezzi in funzione ovunque.
“Ma caaaaazzo!Deve esserci una spiegazione!Sicuramente con cortesia avranno parcheggiato la macchina qui vicino” pensò tra sé l’acuto Molinari.
“Andiamo a chiedere a quel gentile vigile!”
All’udire della richiesta, il rappresentante della legge però iniziò inspiegabilmente a ridere, ridere, ridere rifiutandosi fino all’ultimo di dichiarare la destinazione dell’auto fino a che, pressato anche dal Domenico, confessò che il mezzo era stato visto in compagnia d’un carro attrezzi.
Il Molinari avrebbe voluto vivere in un’altra vita, la felicità di cui il suo corpo era piena veniva improvvisamente scossa da un lampo di disperazione e gli passavano davanti agli occhi le paternali degli impiegati comunali, le risa degli anziani signori della casa di cura e gli amici stronzi che non l’avrebbero capito.
Il Mondo tentava di cadergli addosso, ma lui, tenace, lo stava tenendo con il consueto self-control che l’aveva sempre contraddistinto.
In questi casi aggrapparsi alla famiglia è quello che si deve fare.
“Chiamerò mio fratello e lui mi darà una mano” pensò nuovamente.
Ma al telefono una voce distaccata lo raggelò: “Ho da fare. Veditela tu” sentenziò il familiare.
Si sedette, sconsolato, cercando, come solo lui sapeva fare, di prendere il lato positivo di tutta questa infame storia: probabilmente, aveva così saldato il conto con la sfiga per un bel po’ di tempo.
“Pazienza, il mio debito con la sfortuna è saldato. Non vorrai mica che domani un gatto mi attraversi la strada e mi sfasci la macchina!?!”
E rideva, rideva, rideva.

26.6.07

Il poeta si diverte (?)

E' da un paio di anni che mi appassionano i libri di poesie, mi attirano quasi di più che gli altri e mi affascina un sacco come certi genialoidi riescano a mescolare le parole.
Se ci penso, durante le superiori e tanto più prima non è che ci facessi troppo caso, probabile che il mio cervello non fosse ancora pronto per quel cercare che già di per sè è un trovare (cit. Sant'Agostino - Confessioni, letto in un periodo di forte masochismo).
Però, come è saltato fuori un pò di sere fa, in effetti una poesia letta alle medie che mi ha colpito c'è stata. Non Leopardi, Ungaretti, Montale e altri mostri sacri bensì tale Aldo Palazzeschi.
Odio quelli che dicono che gli scavi o le sculture sono pietre o tutti gli altri facili qualunquismi su quadri, musica perchè in fondo apprezzo chi cerca di creare qualcosa di originale per contraddistinguersi, anche a costo di mostrare un risultato oggettivamente brutto.
Ma lo devo proprio dire.
Grande Aldo ti rispetto (potrei inserire gran parte del movimento futurista ma limitiamoci a lui) ma ai miei occhi hai scritto una grande puttanata, non riesco a cambiare idea e questo mi brucia.
Da allora una domanda ha continuato a perseguitarmi e ancora oggi non riesco a darmi una risposta.
Ma perchè cavolo ancora oggi la fanno studiare a scuola? Se vuoi far vedere il futurismo, fanne vedere delle altre che si colleghino a qualcosa, ma questa ti prego no. Basta.

LASCIATEMI DIVERTIRE! - A.Palazzeschi

Tri tri tri,
fru fru fru,
ihu ihu ihu,
uhi uhi uhi!

Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente!
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.

Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!

Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche!
Sono la mia passione.

Farafarafarafa,
tarataratarata,
paraparaparapa,
laralaralarala!

Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la spazzatura
delle altre poesie

Bubububu,
fufufufu.
Friu!
Friu!

Ma se d'un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?

bilobilobilobilobiloblum!
Filofilofilofilofiloflum!
Bilolù.
Filolù.
U.

Non è finita e per principio non la metterò mai tutta. Basta.